Allevamenti di orate e spigole infestati dalle zecche di mare

Scritto da Bric-a-brac

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  1. Akeos
     
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    Allevamenti di orate e spigole infestati dalle zecche di mare



    Scritto da Bric-a-brac

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    Un consumatore preoccupato si è rivolto a noi dopo aver trovato degli strani animali nella bocca di un branzino acquistato in un supermercato. Abbiamo visionato le fotografie e deciso di approfondire l’argomento, per capire se la vicenda è abbastanza comune e se comporta delle ripercussioni sulla salute dei pesci e dei consumatori che eventualmente li mangiano.

    Gli esemplari di questo parassita che vedete nelle immagini sono stati classificati come appartenenti al genere Ceratothoa italica, dell’ordine Isopoda. Si tratta di crostacei parassiti dei pesci, diffusi in acqua dolce, salmastra e marina, che da adulti possono raggiungere i sei centimetri di lunghezza. Le larve nuotano libere nell’acqua e si attaccano alla superficie cutanea o nella camera branchiale del pesce. Alcune di queste, nel giro di un paio d’ore, possono raggiungere la cavità orale dell’ospite e insediarvisi definitivamente (non più di due). A questo punto i parassiti, diventati ematofagi, vivranno cibandosi del sangue della loro vittima.

    La presenza di questi grossi parassiti all’interno della bocca interferisce con la normale attività alimentare del pesce, causando uno stato di stress cronico, con conseguente ritardo della crescita e predisposizione ad altre infezioni batteriche o parassitarie.

    I parassiti sono molto diffusi nel Mediterraneo e il problema riguarda i pesci che vivono sul fondo delle acque costiere e quelli di allevamento.

    La piaga è molto diffusa nel Mediterraneo. I pesci che vivono sul fondo delle acque costiere sono quelli più frequentemente colpiti, a differenza di altri abituati a stare in profondità o delle specie migratorie (aringhe, sgombri, ecc.). L’incidenza è maggiore per gli esemplari di sarago, mormora, orata, cernia, spigola, e molti altri. Il problema si riscontra soprattutto negli allevamenti intensivi di orate e spigole (branzino) e si intensifica quando la temperatura dell’acqua aumenta, raggiungendo il massimo in Luglio e Agosto, mesi in cui l’infezione dei pesci nelle gabbie può superare il 50%.

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    Per adesso il Nord Italia non sembra colpito, forse perché gli allevamenti sono lagunari o le acque sono più fredde. Infatti secondo gli allevatori i più colpiti sarebbero gli esemplari delle gabbie in mare aperto.

    Se per l’uomo il parassita non rappresenta un reale pericolo, nei pesci colpiti si registra un calo di peso e una riduzione dell’aspettativa di vita. Nonostante l’innocuità per l’uomo il regolamento (CE) 853/2004 stabilisce che: “gli operatori non devono immettere sul mercato per il consumo umano i prodotti della pesca manifestamente invasi da parassiti.”

    Il reperimento di questi parassiti nei prodotti della pesca va considerata come una circostanza riconducibile alla normale ecologia delle specie marine. Alcuni studi però hanno dimostrato che l’incidenza di parassitismo aumenta nelle zone più sfruttate dagli uomini. Infatti il peggioramento delle condizioni ambientali e l’alta densità offrono le condizioni ottimali per la trasmissione degli isopodi.

    La crescente pressione della pesca può aggravare questo fenomeno e secondo alcune stime, i pesci di allevamento colpiti (soprattutto orate e branzini) oscillano dal 30 al 50%.

    L’impatto di questa piaga sulla salute dei pesci e quindi i danni economici che ne derivano sono significativi. Infatti ci può essere un generale ritardo di crescita degli individui, fino alla diminuzione delle difese immunitarie che porta alla perdita diretta a causa di mortalità di massa di pesci giovanili.

    Il fenomeno è quasi sconosciuto ai consumatori, e anche a molti addetti ai lavori ma facendo qualche ricerca abbiamo scoperto che i piccoli pescatori e quelli sportivi, conoscono bene l’animaletto bianco, da loro comunemente chiamato “sanguisuga della bocca” o “zecca di mare”. Con gli stessi soprannomi ci si riferisce anche ad un altro esemplare, della stessa famiglia, ma di un’altra specie, la Cymothoa exigua. Questa non solo succhia il sangue del suo ospite, ma attaccandosi alla base della lingua, ne provoca l’atrofia e la successiva caduta; a questo punto si sostituisce all’organo mancante e ne ricopre le funzioni.

    Ma come mai una piaga tanto diffusa non è nota al grande pubblico? Un’ipotesi è che parte dei pesci con il parassita venga commercializzato, magari sotto forma di filetti, oppure privati della testa.

    Un esperto di Eurofishmarket contattato da Il Fatto Alimentare, ci ricorda che questi parassiti, pur non rappresentando un problema per la salute del consumatore, non devono comparire nei punti vendita. In base alla normativa vigente gli operatori del settore alimentare devono assicurare che i prodotti della pesca siano sottoposti ad un controllo visivo alla ricerca di endoparassiti visibili prima dell’immissione sul mercato. Per questo motivo molti fornitori si preoccupano di impiegare degli uomini proprio per togliere questi parassiti dalla bocca e dalle branchie dei pesci infestati prima della vendita.

    Secondo la bibliografia scientifica, è difficile pensare ad una profilassi per debellare l’infestazione, soprattutto in ambiente di gabbie galleggianti, perché moltissime specie ittiche selvatiche sono portatrici del parassita. Una terapia efficace sarebbe quella con esteri fosforici ma sono prodotti non autorizzati in Italia. Può invece essere di sostegno la lotta biologica con pesci che si cibano di crostacei (es. centrolabrus exoletus e ctenolabrus rupestris).


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  2. vany:-)
     
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    Al di là del fatto che sia poco piacevole avere sul piatto un pesce che abbia avuto un parassita che non gli ha permesso di vivere al massimo delle sue potenzialità, sono seriamente preoccupata per la sofferenza di questi animali...il problema principale è chiedersi come debellare questi parassiti dai mari!
     
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  4. Akeos
     
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    Mangio veramente poco pesce, però bisognerebbe intervenire per placare la sofferenza di questi animali che, comunque, vivono con parassiti addosso che li sfruttano succhiandogli costantemente il sangue. Avevo pensato ad una ipotesi...magari è possibile studiare quale sostanza riesca a tenere lontani questi parassiti, introducendo ad esempio nell'habitat del Mediterraneo qualche forma di vita vegetale che rilasciando determinati componenti riesca ad agire da "repellente".
     
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3 replies since 1/8/2013, 20:07   442 views
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